Chi è un “integrator” e perché è fondamentale per gestire la complessità in un’organizzazione

Yves Morieux e Peter Tollman, senior partner di The Boston Consulting Group, nel loro libro “SIX SIMPLE RULES: How to Manage Complexity without Getting Complicated” introducono le sei semplici regole che consentono alle organizzazioni di governare la sempre maggiore complessità, promuovendo nuovi comportamenti e migliorando le prestazioni. Tali regole si focalizzano su due aspetti apparentemente contrapposti: autonomia e cooperazione delle persone. L’autonomia rafforza la flessibilità e l’agilità del singolo, mentre la cooperazione accresce l’efficacia del comportamento individuale perché genera nuove capacità di comunicazione, condivisione e ragionamento.

“La regola su cui mi sono soffermata maggiormente è la seconda, ovvero: “Reinforce integrators”.

Lo racconta Matilde Polito, la nostra Digital Consultant ed esperta di Ingegneria Gestionale, mentre presenta il libro a tutto il team. Nel libro, il termine “Integrator” viene definito come un individuo o un’unità lavorativa che favorisce ed incoraggia la cooperazione a beneficio dell’intera organizzazione. Gli integratori operano all’intersezione tra gruppi, lavorano al nesso dove spesso si incontrano vincoli e requisiti:

“Si tratta di una descrizione in cui rivedo molto la categoria lavorativa di cui faccio parte, ovvero i Consulenti. Noi consulenti lavoriamo all’intersezione tra due gruppi: il cliente e l’IT. Da una parte parliamo con clienti molto “creativi”, che ci propongono modifiche (che talvolta noi troviamo assurde), e dall’altra abbiamo a che fare con la mente estremamente razionale degli sviluppatori che rifiutano alcune richieste considerate “troppo particolari”. Il nostro compito è quello di cercare la cooperazione e conciliare le necessità di questi due gruppi contrapposti, anche se spesso veniamo definiti dei “rompi scatole”. Nel libro si dice appunto che è possibile identificare gli integratori dal fatto che sono al centro di sentimenti forti, positivi o negativi che siano, e in un certo senso per noi consulenti è proprio così. Bisogna considerare che tale conflitto che ci troviamo a gestire molto spesso ha un connotato positivo, in quanto segno che le persone stanno effettivamente facendo un duro lavoro di cooperazione. Penso che il consulente debba essere un po’ “rompi scatole” e io lo sono parecchio, ma è in questo modo che si genera qualcosa in più e si spinge perché le cose avvengano. Avere ognuno un proprio approccio, essere in grado di farsi capire e “rompere le scatole” nel modo giusto e nel rispetto degli altri ma con lo scopo finale di generare beneficio per l’intera organizzazione.”.

 

Scopri tutti i “Libri Azzurri”: i libri che un professionista del secondo settore (e non solo) dovrebbe leggere almeno una volta nella vita

 

Leggi anche:

Decennio 2020. Le chiavi del successo aziendale? Metodo agile, tecnologia e formazione

UNIPD e AzzurroDigitale elaborano il metodo per la trasformazione digitale delle imprese

5 Ragioni per cui un’azienda deve dotarsi di un sistema di valutazione dei progetti

Tags: