Startup e industria: perché l’incontro è ancora difficile in Italia

Un articolo di Jacopo Pertile – Co-Founder e CEO di AzzurroDigitale Perché è così difficile far decollare le startup tech B2B nel settore industriale italiano? È una domanda che è...
Categoria: Digital Transformation

Un articolo di Jacopo Pertile – Co-Founder e CEO di AzzurroDigitale

Perché è così difficile far decollare le startup tech B2B nel settore industriale italiano?

È una domanda che è tornata con forza durante un confronto al Competence Center SMACT con alcuni dei nomi più autorevoli del settore industriale e dell’innovazione.

L’Italia è la seconda potenza manifatturiera in Europa, eppure la percentuale di collaborazioni attive tra corporate industriali e startup è molto bassa. In un mondo che corre verso l’automazione, l’AI e la sostenibilità, ci stiamo giocando il futuro.

Perché succede? Ecco alcuni ostacoli che abbiamo evidenziato nella tavola rotonda:

  1. Poca propensione al rischio da parte del management sia dal punto di vista culturale che da direttive aziendali. Spesso se il progetto è avviato con una big tech e fallisce, la responsabilità è di tutti. Se invece ci si affida ad una startup e non va a buon fine, tendenzialmente è colpa del manager. Il rischio percepito è personale, non aziendale.
  2. R&D non distribuita: spesso c’è un dipartimento ad hoc che centralizza tutto il processo decisionale portando ad ovvi colli di bottiglia e a over complessità.
  3. La narrativa negativa sulle startup: “non dureranno 24 mesi”, “sono poco strutturate”, “non hanno solidità”. Statisticamente sono numerose quelle che falliscono, è certamente vero. Ma non è una scusante per non provare.
  4. I processi decisionali nelle aziende sono lenti, legati a budget annuali predefiniti e vincoli legali lontani dalla realtà produttiva. Questo porta ad avere un sales cycle lunghissimo (12/24 mesi) che porta le startup a necessitare di tanta cassa alle spalle per sostenersi con tutte le complessità del caso.
  5. Assenza di incentivi fiscali per sperimentare nuove tecnologie “made in EU” in ambito industriale (quando ripartirà un vero piano 5.0 magari su scala europea?).

Alcune proposte che sono emerse:

  • Budget autonomi e con obblighi di spesa per i manager per sperimentare soluzioni di startup, come parte degli obiettivi aziendali. Meglio ancora se legate al territorio europeo. Questo non per una questione di provincialismo, ma per la necessità di far crescere l’ecosistema. Con grande urgenza.
  • Detassazione completa degli investimenti in progetti realizzati con startup italiane deep tech.
  • Processi fast track per gli MVP, con approvazioni in meno di 30 giorni che esulano dalle normali procedure aziendali. La logica deve essere: prima vediamo se la tecnologia porta valore e poi la “ingabbiamo” nei giusti processi di purchasing e legal.
  • Formazione e responsabilizzazione della leadership industriale sul valore del rischio calcolato.
  • Nei casi di M&A finalizzate ad operazioni industriali che rafforzano le nostre realtà manifatturiere, possibilità di recuperare fiscalmente il totale dell’investimento.

L’innovazione industriale non è un’opzione per il nostro territorio e la nostra Europa. È una necessità. Serve un patto nuovo tra startup e industria.

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