Costruire un’azienda inclusiva: il nostro percorso verso la parità di genere

Intervista a Carlo Pasqualetto – Founder & CEO – e Giorgia Zerbetto – Compliance Manager In AzzurroDigitale ogni progetto nasce da una convinzione semplice ma potente: la tecnologia deve migliorare...
Categoria: People

Intervista a Carlo Pasqualetto – Founder & CEO – e Giorgia Zerbetto – Compliance Manager

In AzzurroDigitale ogni progetto nasce da una convinzione semplice ma potente: la tecnologia deve migliorare la vita delle persone. È con questa visione che ogni giorno lavoriamo per costruire soluzioni digitali al servizio delle imprese. Ma non solo. L’innovazione, per noi, parte dalle persone: da come vivono, da come lavorano, da quanto si sentono libere di esprimere il proprio potenziale.

Da qui nasce anche il nostro impegno verso la certificazione per la Parità di Genere, un traguardo che abbiamo scelto di inseguire non per dovere, ma per coerenza con i nostri valori. Ne abbiamo parlato con Carlo Pasqualetto, Founder & CEO di AzzurroDigitale, e con Giorgia Zerbetto, Compliance Manager e responsabile del progetto di certificazione. Due prospettive complementari, legate da un obiettivo comune: costruire un’azienda più equa, inclusiva e consapevole.

Vogliamo essere un luogo in cui i talenti possano maturare

«Crediamo fortemente nel valore delle persone e in particolare nel rendere AzzurroDigitale un luogo in cui far maturare i propri talenti» racconta Carlo Pasqualetto. «Intraprendere questo percorso è stato per noi un passo naturale, un’estensione concreta della nostra cultura aziendale.»

Non si tratta, quindi, solo di un’iniziativa HR o di un progetto legato alla compliance normativa, ma di un investimento valoriale. «Ci piace pensare che possiamo essere un modello per il nostro territorio. Siamo un’azienda giovane, ma vogliamo crescere su fondamenta solide. Per questo, anche se la certificazione richiede tempo, risorse e impegno, l’abbiamo intrapresa con convinzione: perché definisce chi siamo e soprattutto chi vogliamo diventare.»

Un tassello del nostro modello Plug In

La certificazione si inserisce anche nel disegno più ampio del nostro modello di impresa Plug In, basato sulla capacità di evolvere integrando nuove competenze, nuove sensibilità e nuovi strumenti. «La tecnologia è uno strumento a servizio delle persone – spiega Carlo – e deve servire a rendere la vita migliore, anche nei contesti industriali. Se vogliamo generare una trasformazione digitale e AI realmente di impatto, dobbiamo partire da una squadra solida, plurale, rappresentativa.»

E aggiunge: «La parità di genere non è solo una questione etica: è strategica. Ci aiuta ad attrarre talenti, ad avere una popolazione aziendale di alto livello e a offrire ai nostri clienti team più eclettici e competitivi.»

“La diversità è il massimo del valore per una comunità”

Il tema della parità di genere chiama in causa anche la responsabilità della leadership, e non solo quella femminile. «Il ruolo della leadership maschile vale quanto quello della leadership femminile» dice Carlo. «Come in ogni squadra, è necessario riconoscere che siamo diversi, ma proprio per questo importanti. La diversità, se gestita nel modo giusto, è il massimo del valore per una comunità.»

E conclude con un messaggio chiaro: «La dimensione ridotta di un’azienda non è una scusa per rimandare questi temi. Anche in realtà con meno di 50 persone come la nostra, investire nella parità è urgente, è possibile ed è soprattutto giusto.»

Dietro una certificazione, un lavoro concreto

Il percorso verso la certificazione non si è limitato a un’analisi teorica. È stato un lavoro profondo, meticoloso e culturale. Ce lo racconta Giorgia Zerbetto, che ha guidato il processo dall’inizio: «Siamo partiti da un’autovalutazione, mappando tutte le pratiche aziendali in tema di equità di genere. Abbiamo dovuto identificare eventuali gap rispetto alla normativa UNI/PdR 125:2022 e definire un piano di miglioramento concreto.»

Una delle sfide principali è stata la gestione dei dati: «Spesso le informazioni erano presenti ma distribuite in più sistemi, o non monitorate in modo sistematico. In alcuni casi non erano mai state trattate o messe a processo: abbiamo dovuto costruire un sistema di raccolta e analisi da zero.»

Ma l’aspetto più rilevante è stato un altro: «La vera sfida è stata culturale. Abbiamo voluto coinvolgere tutta l’organizzazione, dalla Direzione ai team operativi. Non volevamo una certificazione “di facciata”, ma un cambiamento reale e condiviso.»

Un modello misurabile, che premia l’impegno continuo

La normativa di riferimento definisce sei aree di valutazione, con indicatori oggettivi e verificabili. «Tra i più importanti ci sono la presenza femminile in posizioni apicali, il gender pay gap, le politiche di conciliazione vita-lavoro, i processi di selezione e promozione, e l’attività di formazione e sensibilizzazione.» ha affermato Giorgia. 

«È un modello rigoroso, ma premia le aziende che dimostrano un impegno concreto e continuativo. Non basta mettere in piedi un’iniziativa una tantum: serve un approccio strutturato e integrato alla cultura aziendale.»

Un’esperienza che lascia il segno, anche sul piano personale

Per Giorgia, questo progetto ha avuto un impatto profondo anche a livello personale: «È stato e sarà un percorso sfidante ma arricchente. Mi ha dato la possibilità di lavorare trasversalmente con tante funzioni aziendali, di ascoltare punti di vista diversi e di contribuire, passo dopo passo, a un cambiamento significativo.»

E aggiunge: «A livello umano, è stato un momento di riflessione profonda sul valore dell’equità, sulla responsabilità che abbiamo nei confronti delle persone e sul tipo di azienda che vogliamo costruire.»

Un passo alla volta, verso un futuro più equo

La nostra certificazione per la parità di genere è solo l’inizio di un percorso. Un percorso che non finisce con un riconoscimento formale, ma continua ogni giorno nelle scelte, nei comportamenti, nelle relazioni.

In AzzurroDigitale innovare significa anche questo: avere il coraggio di mettersi in discussione, cambiare prospettiva, fare spazio a nuove voci.

Perché costruire un’impresa equa e inclusiva non è solo giusto: è il modo migliore per crescere, insieme.

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